Elevare il nuovo ospedale della Sibaritide ad hub. Questa la vera battaglia per l’Arco Jonico
Elevare il nuovo ospedale della Sibaritide ad hub. Questa la vera battaglia per l’Arco Jonico
La politica locale smetta con gli atteggiamenti da mendicanti ed elevi il contenuto delle rivendicazioni. Fiumi d’inchiostro, conflitti, scontri, per battaglie da piatti di lenticchie, ma mai una seria rivendicazione che dia autonomia politico-istituzionale all’Area Jonica Crotonese e Sibarita.
Sanità, giustizia, infrastrutture, turismo, agricoltura, sindacato, politica, movimenti, associazionismo, gestione dei fondi comunitari, sono solo una serie di filoni in cui l’Arco Jonico dimostra una cronica subalternità politica ai poteri centralisti. Muti, ciechi e sordi continuano, per convenienza, a non voler capire il messaggio che arriva dal movimento politico-culturale che ormai da oltre due anni lancia il movimento Magna Graecia. E le prime vittime sono proprio i Primi Cittadini costretti in eterno a mendicare ruoli, cariche, diritti, finanziamenti etc etc etc. Si decide altrove, mai in casa propria.
Il presidente Occhiuto preannunzia rivoluzioni nel campo della sanità, ma sono soluzioni contabili, di accentramento del controllo decisionale della spesa pubblica. Ma quale sarà il futuro dell’ospedale della Sibaritide? Cosa mettiamo dentro al contenitore in termini di risorse umane? Uno spoke con nuovi repartini e personale arrabattato a destra e manca espressione di concorsi spesso pilotati e sprovvisti di valida formazione? Se questo è l’andazzo convivremo con l’emigrazione sanitaria in eterno, con tanto di aggravio dei costi per mobilità passiva.
Finalmente, dopo circa 15 anni dall’idea progettuale del nuovo presidio ospedaliero della Sibaritide, questo, sta, lentamente, iniziando a prendere forma. Se il cronoprogramma sarà rispettato, entro i prossimi 3 anni, la struttura dovrebbe essere aperta e funzionale, si spera, alle esigenze di un territorio tutto: quello dell’Arco Jonico.
Ora si apre la partita più importante. Quella del riconoscimento della dignità e del diritto di un territorio, vasto ed articolato, di riempire di contenuti la grande struttura che sta sorgendo ad Insiti, nel cuore della nuova città di Corigliano-Rossano, che dovrà avere una sua autonomia e indipendenza gestionale e, soprattutto, dovrà essere collegata telematicamente, ai circuiti nazionali e internazionali della medicina che conta al fine di formare i nostri camici bianchi, aggiornarli, e renderli altamente qualificati.
Con lattuale regolamentazione sanitaria regionale, l’ospedale che verrà sarà sempre un suppellettile dell’Hub di Cosenza. Cambieranno solo le mura. La questione della gestione Covid è la prova provata del rapporto di subalternità.
Affrontare questi temi non conviene a nessuno, neppure alla Classe Dirigente jonica, tenuta dalle parti basse a vita dai poteri centralisti.
Il nuovo ospedale di Insiti sarà un presidio che in pianta organica consterà di circa 350 posti letto; avrebbe, per posizionamento geografico, bacino demografico e per caratteristiche dimensionali, tutte le carte in regola ad assurgere al ruolo di Hub sanitario a tutta l’area dell’Arco Jonico da Capo Rizzuto al confine Lucano, dotandolo anche di elisoccorso e 118 autonomi.
Le recenti pianificazioni, relative alla nascita dei nuovi Ospedali di comunità, Case di comunità e Centrali operative territoriali, che salutiamo con apprezzamento, riguardano la sanità del territorio, ma non modificano, né rigenerano, la sanità ospedaliera.
Ad oggi, ancora, i presidi Spoke sono compresi nelle Asp mentre dovrebbero essere parte integrante delle Aziende Ospedaliere.
È operazione non più procrastinabile la revisione del sistema sanitario ospedaliero regionale. Non è pensabile, né plausibile, che questo continui ad essere impostato sulle tre strutture sanitarie riconducibili ai Capoluoghi storici della Regione. Con l’ulteriore beffa di lasciare tutta l’area del Crotonese e della Sibaritide, quella peggio messa sotto ogni punto di vista infrastrutturale, distante dai presidi di riferimento ed orfana di un ospedale che risponda alle esigenze sanitarie e specialistiche di cui un territorio di circa 400mila abitanti avrebbe diritto, come da norma sancito.
L’ospedale che verrà dovrebbe essere collegato ai principali Policlinici universitari del Mezzogiorno, permettendo anche tirocini e specializzazioni ai Dottorandi, creando, quindi, le condizioni per una medicina di qualità ed abrogando i viaggi della speranza alla ricerca di realtà sanitarie extraregionali. Si eviterebbero, così, aggravi di spesa sul debito della Regione ed esborsi importanti da parte delle famiglie dei degenti.
La politica locale smetta di mendicare, col cappello in mano, alla Corte dei poteri centralisti le indulgenze da pennacchio. Eleviamo il dibattito ed apriamoci alle idee. Non è concepibile che si perda tempo supplicando di non chiudere un pronto soccorso, o si mendichi l’apertura di un reparto, o si borbotti la allocazione di un distretto da un Comune all’altro, o si elemosini la figura di un medico a gettone, perdendo di vista la visione più ampia. L’emancipazione di questo territorio, non avverrà mai in queste condizioni di povertà intellettuale. È una questione principalmente politica, quella di riconoscere la giusta elevazione e l’equo e paritario diritto di tutto l’Arco Jonico Magnograeco, rispetto ad altri ambiti della Calabria. Solo così, questo lembo di terra potrà aspirare ad essere appetibile per le Popolazioni che su esso vivono e per quelle che potrebbe attrarre, altrimenti continuerà ad essere una landa desolata dalla quale tutti (e non solo per motivi sanitari) scapperanno a gambe levate.
Purtroppo bisogna, amaramente, constatare che viviamo in un territorio in cui l’assoluta mancanza di una visione la fa da padrona. A fianco ad un disinteresse politico sulle sorti e, soprattutto, sulla destinazione d’uso del nuovo ospedale, ha dell’inspiegabile come si continuino a versare fiumi di inchiostro sulla statale 106, pur nella consapevolezza che questo sia un argomento utilizzato come distrazione di massa.
Si è mummificata un’intera Piana tra vecchia e nuova statale 106, tratta ferrata e fasce di rispetto, per non parlare dei vincoli paesaggistici. Basterebbe semplicemente copiare rispetto a quanto accade in altre parti del Mondo dove in una fascia di soli 40 metri inseriscono tutta la mobilità pubblica ad alta velocità tra traffico su gomma e rotaia.
Ma anche qui si è deciso per la miopia! Conviene, evidentemente, scontrarsi su manciate di chilometri, come se una volta raggiunto il risultato l’area Jonica si avviasse alla grande rivoluzione.
Potremo, finanche, avere strade a 10 corsie, ma dipendendo da altri rimarremo sempre una popolazione abituata a restare in ginocchio e trattata come se avesse l’anello al naso.
La vera battaglia è l’autonomia politico-istituzionale dell’intero Arco Jonico con una ampia prospettiva che guardi a una nuova Provincia e una nuova Area Metropolitana: proponiamo una nuova geografia, il Golfo di Taranto che si trasforma in Baia della Magna Graecia. Una visione di territorio diversa che darà nuova linfa occupazionale, sviluppo e nuove prospettive.
Ufficio stampa – Comitato Magna Graecia