Si legge dal post di gruppostoricoakragas:
Archestrato di Gela, una nostra vecchia conoscenza..
Visse all’incirca nella seconda metà del IV secolo a.C. e, cultore dell’arte del piacere, è considerato un precursore di Epicuro, come attestano le fonti antiche. Tra l’altro già gli antichi mettevano in luce come i filosofi dell’epoca di Archestrato si interessassero al suo poemetto.
Della sua opera ci è pervenuto un numero discreto di frammenti (62, oltre ad 11 versi di una traduzione-rielaborazione di Ennio), seppure spesso molto brevi, tramandatici da Ateneo di Naucrati nella sua opera simposiale I sofisti a banchetto. Il poemetto è conosciuto sotto vari titoli, tutti antichi: secondo lo stoico Crisippo si intitolava Gastronomia, ossia, letteralmente, Poema del buongustaio, che è oggi il titolo più diffuso tra gli studiosi.
Nel suo poema Archestrato racconta dei suoi lunghi viaggi alla ricerca delle migliori vivande e dei vini più pregiati. Tratta inoltre del pane, dei pesci della selvaggina, della produzione e della conservazione del vino. Si sofferma soprattutto sui pesci, indicandone le qualità migliori, i luoghi di provenienza, le specie più rinomate e le specifiche stagioni di pesca.
Ateneo ritiene l’opera e il pensiero di Archestrato dotati di considerevole valore filosofico. Nei suoi scritti egli riporta:
«E così, amici miei, quando si tengono in conto questi fatti, egli dovrebbe a buon motivo approvare l’atteggiamento del nobile Crisippo, per la sua acuta assimilazione dell’opera La Natura di Epicuro, ed il suo evidenziare che il cuore della filosofia epicurea è la Gastronomia di Archestrato, nobile poeta epico che a tutti i filosofi diede familiare nutrimento, che rivendica come Teognide il merito suo.»
Nel VII libro dei Deipnosofisti[1] leggiamo ancora:
«Crisippo, a tutti gli effetti un vero filosofo, dice che Archestrato fu il precursore di Epicuro e di coloro che adottarono le sue dottrine sul piacere, causa di ogni corruzione.»
Questo brano rivela l’alta stima che gli studiosi del tempo riponevano nell’opera del poeta gelese, ponendolo addirittura come creatore di un nuovo pensiero, che si affermò durante la Roma imperiale.